Nuovo Dpcm, scatta la chiusura totale. Bar e ristoranti in ginocchio

ristoratori di molochio
«Dateci la possibilità di lavorare», lo sfogo dei ristoratori Francesca Luci e Laura Taverniti

Dopo quasi tre mesi di fermo totale durante il primo lockdown, bar e ristoranti, a seguito degli ultimi due Dpcm, si ritrovano ancora una volta a pagare lo scotto più alto, costretti a dover subire un provvedimento fortemente penalizzante. I due comparti, per poter riaprire, hanno investito tanto in sanificazioni, dispositivi di protezione per lavoratori e clienti e misure di sicurezza all’avanguardia, facendo sacrifici importanti, che sono ora vanificati. «Con la riapertura a maggio – ha spiegato Francesca Luci, proprietaria del ristorante pizzeria “La Madonnina” – ho fatto di tutto per adeguarmi alle regole, affrontando disagi e costi non indifferenti. Come da Dpcm ho dimezzato i posti dei commensali da 230 a 100, distanziato i tavoli, acquistato termo scanner ed igienizzanti e sanificato il locale. Dopo esserci adeguati alle normative, armati di guanti, mascherine e tanta buona volontà, piano piano abbiamo ricominciato a lavorare, cercando di lasciarci alle spalle il brutto periodo. Avendo un locale abbastanza grande, ho sperato che i clienti impauriti e titubanti, riprendessero l’abitudine di mangiare fuori e tornare nel mio ristorante con serenità e tranquillità. E per far sì che ciò accadesse, ho predisposto il tutto affinché i clienti si fidassero del nostro operato, facendogli trovare le salviettine igienizzanti a tavola, i tovaglioli di carta, il menù usa e getta. Così facendo la gente ha riacquistato fiducia e ricominciato a frequentare il mio locale, ma gli ultimi due Dpcm, hanno vanificato tutti i miei sforzi».  Luci ha raccontato che già la chiusura anticipata alle 18, «per me che lavoro principalmente con il servizio serale di ristorazione, ha creato ingenti danni e perdite economiche non indifferenti, con quasi il 90% in meno delle prenotazioni che avevo. Ora con il nuovo lockdown siamo arrivati al capolinea». Per la Luci, «chiudere tutto non è la soluzione, perché stavolta rischiamo di fallire sul serio. Sarebbe bastato magari adottare misure più restrittive». Dello stesso avviso anche Laura Taverniti, proprietaria del ristorante “La Brace”. «Le difficoltà già erano notevoli con la chiusura alle 18 – ha spiegato – ora è sicuramente peggio. Anche se cerchiamo di consumarla in famiglia, abbiamo comunque perso moltissima merce, con una perdita economica non indifferente. L’unica soluzione è l’asporto, ma aprire la sera solo per quello è controproducente. Qualcosina si spera di fare il sabato e la domenica. Peraltro siamo a novembre, che è un mese terribile per chi ha un’attività, dal momento che tocca pagare tutte le tasse dell’anno precedente più l’acconto per il prossimo e senza introiti quest’anno sarà davvero dura. Sfortuna poi ha voluto che il primo maggio, abbiamo cambiato attività in termini di denominazione e quindi non siamo rientrati nemmeno nel fondo perduto, dal momento che non abbiamo potuto raffrontare la perdita con l’anno precedente».  Taverniti, fortemente preoccupata, ha affermato che «con la chiusura totale per noi sarà un davvero preoccupante, perché siamo davvero in ginocchio. Fortunatamente la mia è un’attività a gestione familiare, però stiamo già subendo gravi perdite, e andare avanti non è per niente facile, anche perché avevamo investito parecchio per adeguarci alle disposizioni ministeriali. Che poi c’è un netto controsenso, dal momento che annesso al ristorante ho anche il bar e i tabacchi, però mentre il primo deve rimanere chiuso, le persone entrano ugualmente per le sigarette. Quindi il contatto comunque c’è e allora perché non darci la possibilità di lavorare ugualmente, magari con più accorgimenti?».