Il giolittiano Giovanni Alessio e le elezioni senza competizione

giovanni alessio
L’articolata attività parlamentare e la polemica che lo investe a seguito della costruzione della ferrovia complementare della Piana  
di Paolo Cosmano 

giovanni alessioLe elezioni del 1909 (XXIII legislatura)

All’alba del 28 dicembre del 1908, al Governo spetta un compito imprevisto e doloroso. Un violento terremoto distrugge le città di Messina e Reggio Calabria, causando ingenti danni in molti Comuni dell’area dello Stretto. È un evento catastrofico indescrivibile, che determina la morte di oltre 100.000 persone e mette in ginocchio le strutture produttive e l’economia dell’area colpita. In seguito all’immane disastro, Giolitti ritiene opportuno sciogliere anticipatamente la Camera dei deputati, anche allo scopo di ottenere giudizi sull’opera svolta, nonché indicazioni e conferme sulle scelte politiche e le vie da percorrere che egli «riteneva non poter essere che la continuazione del programma già esplicato».

Con decreto del 9 febbraio la XXII legislatura, durata quattro anni e due mesi, è dichiarata conclusa e i comizi elettorali convocati per il 7 e il 14 marzo successivo. Il giornale reggino “Risurrezione” interpreta lo scioglimento anticipato della Camera e la convocazione dei comizi elettorali come un calcolato diversivo voluto da Giolitti per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale dai gravissimi problemi determinati dal disastro sismico e dall’urgente necessità di intervenire con soluzioni adeguate. Di fronte alla proposta avanzata da più parti di un’astensione o di un rinvio della consultazione elettorale, «gli stessi rappresentanti delle aree terremotate, volendo testimoniare un principio di continuità e della volontà di ripresa», non accolgono la soluzione e quindi si dà «inizio alla presentazione delle candidature ed alla mobilitazione generale».

Lo scioglimento anticipato della Camera e la scadenza delle elezioni fissata in tempi così ravvicinati, colgono di sorpresa diversi potenziali candidati che faticano a organizzare e mettere in atto, in così breve tempo, la campagna elettorale. Il 28 febbraio, “La Discussione”, periodico di Palmi diretto dall’avvocato Fortunato Topa, scrive: «La quasi repentina risoluzione del Governo trova quasi impre­parato alla lotta più d’uno dei candidati della nostra Pro­vincia, dove il terremoto è stato un potente diversivo ad ogni discussione politica». Tuttavia, ammonisce il periodico, la scelta dei candidati, nonostante il momento dato, deve essere particolarmente oculata e non può che cadere su quei candidati capaci di individuare e rappresentare vecchi e nuovi bisogni della Calabria e del Circondario, oltre a possedere l’autorevolezza e la forza di condurre la necessaria lotta per «l’immediato riconoscimento di ogni nostro sacrosanto diritto». Con una punta di evidente autocritica per le scelte operate anche nel recente passato e per il sostegno offerto ad alcuni politici rivelatisi incapaci ed immeritevoli (il riferimento in particolare è all’on. Bovi, deputato uscente del collegio di Palmi), il giornale afferma: «Assai altre volte abbiamo sperato nell’opera dei nostri deputati ed assai altre volte siamo rimasti delusi. Se è avvenuto cosi, la colpa è stata interamente nostra, appunto perché siamo stati noi ad eleggere persone di poco o di nessun valore, le quali pur avendo in animo di fare alcun che di bene per noi non lo hanno potuto perché sono stati costretti a zittire ogni qualvolta hanno tentato di levare la voce». Sicché, conclude il periodico, i candidati in grado di rispondere alle legittime attese del Comprensorio e capaci di realizzare «la no­stra redenzione, il nostro ri­sorgimento economico e mo­rale», sono il marchese Ferdinando Nunziante, candidato nel collegio di Palmi, e Giovanni Alessio che si candida per la riconferma nel collegio di Cittanova.

Anche questa tornata elettorale per Alessio è un’elezione senza competizione: il suo sfidante Giovanni Circolo, poco dopo l’avvio della campagna elettorale, decide di abbandonare l’arena politica. La Discussione, ironica e a tratti sprezzante, riporta così la notizia di quel ritiro: «Nei mesi scorsi si parlò di altro candidato, il quale avrebbe dovuto, sol che gli elettori avessero visto la sua fotografia, sostituire 1’on. Alessio a tamburo battente, ma all’ultim’ora il candidato medesimo, adorando il vento infido, pensò bene di evitarsi una cattiva figura. E con ge­sto patetico, ripetendo cinque volte che egli non vuole sali­re in bigoncia sulle macerie del terremoto, al lezzo dei cadaveri, in mezzo a super­stiti afflitti e doloranti, prende commiato da non si sa quali elettori, da non si suppone quali amici intimi di Cittanova; e di Reggio. Sissignore, anche dagli amici di Reggio dove l’egregio candidato con­tava, tra i morti, non si sa quante migliaia di amici ca­rissimi. Cosicché, tutto sommato, l’on. Alessio, il quale vide passarsi dinanzi la fotografi­ca ombra di un avversario formidabile, resta indisturbato in campo, in attesa di una imponente dimostrazione di stima e di affetto da parte di tutti i paesi del suo beneamato collegio».

Terra nostra” fornisce una versione alquanto diversa, sostenendo che «si era offerta la candidatura a Giovanni Circolo; ma costui la rifiutò con una nobilissima lettera da cui grandi insegnamenti avrebbe potuto trarre la dialettica etica di questo… principe degli avvocati». Dopo il ritiro di Circolo, gli oppositori si rivolgono a Francesco Arcà, già consigliere provinciale, che però rifiuta la candidatura «per evitare, sul suo nome, lotte fervidissime e conseguenti persecuzioni di indole locale».

La Discussione coerente con l’esortazione indirizzata agli elettori, non fa mancare a Giovanni Alessio il suo pieno sostegno, certa che egli avrà nel suo Collegio votazione plebiscitaria. Il giornale palmese, tuttavia, non manca di rivolgere al deputato di Cittanova, assieme ad un augurio un’esortazione. «Aspettiamo il momento oppor­tuno – scrive – per vedere il nostro amico in altra luce, quella che gli spetta, quella in cui deb­bono brillare tutti gli ingegni pari al suo, nella quale deb­bano spiccare tutte le ideali­tà dei giovani, che si fanno avanti a prendere il posto lasciato dai vecchi, che furo­no onore e vanto della pa­tria italiana. Poiché all’on. Alessio, oltre al disbrigo degli affari degli elettori suoi amici, disbrigo di affari che costituisco il so­lo merito del deputato da stra­pazzo, incombe il dovere di occuparsi dei grandi problemi che interessano la vita pubbli­ca della Nazione, e quindi da lui non si pretenderà mai trop­po… La riconferma adunque del mandato che darà all’on. Alessio il Collegio di Cittanova suoni come augurio a ben fare come manifestazione delle più belle speranze della no­stra Calabria sventurata».

I risultati elettorali del 4 marzo 1909 confermano le previsioni e l’auspicio del periodico palmese. Giovanni Alessio infatti, torna a Montecitorio con una votazione plebiscitaria: i consensi ottenuti sono pari a 1.954 a fronte di 1.996 votanti e di 3.175 aventi diritto al voto. La differenza tra voti a favore di Alessio e voti complessivamente espressi, è costituita da 42 «voti dispersi, nulli e schede bianche».

Nel dettaglio, i voti ottenuti in ciascun comune del Collegio sono così distribuiti:

Collegio di Cittanova

I dati della tabella suggeriscono qualche breve nota di ordine sociale e politico. A fronte di una popolazione complessiva di 70.225 abitanti, cresciuta in modo importante rispetto al 1907, solo il 4,52% ha diritto al voto. Nel luglio del 1907 l’elettorato attivo era pari al 5,35% degli abitanti. L’aumento del divario tra elettorato attivo e popolazione totale si potrebbe attribuire ai processi migratori in atto che coinvolgono, in particolare, le persone in piena età lavorativa e quindi possibili elettori. Non a caso, infatti, si riduce anche la platea degli iscritti nelle liste elettorali, che scende da 3.219 a 3.175 unità, registrando una flessione pari a 1,39%. È da notare poi che l’astensione aumenta. Nel 1907 vota il 67% degli aventi diritto; nel 1909 solo 63 elettori su 100 esercitano il diritto di voto. L’astensione assume misure diverse all’interno dei comuni che formano il Collegio. A Cittanova, ad Anoia e a Iatrinoli il livello di astensione si approssima al 50%. Ciò induce a ritenere che l’astensionismo, in un’elezione senza competizione priva di confronto dialettico e politico, oltre che dal disinteresse per la politica è anche significativo della presenza d’importanti aree di oppositori, i quali esprimono il loro dissenso disertando le urne, votando scheda bianca o facendo annullare la scheda stessa.

La rielezione di Giovanni Alessio è salutata con particolare entusiasmo da La Discussione, la quale si dice sicura che Alessio «ritornando con no­vello vigore nelle aule di Monte­citorio, voglia consacrare tutto sé stesso al bene della nostra regione. Noi non vogliamo – prosegue il periodico palmese – né sa­premmo dargli dei consigli; noi non vogliamo fargli il fer­vorino, le sollecitazioni d’uso. Egli, conscio della forza, che deve venirgli dalla sua mente vasta e colta, non si contenti di fare il deputato affarista, ma pensi a brillare con quei deputati che studiano e che discutono i più gravi ed inte­ressanti problemi nazionali. Solo così potremo uscire da questo stato di abbrutimento in cui siamo da tanti anni e saperci rispettati alla pari del­le altre popolazioni del Re­gno». Lo stesso periodico rivolge poi a tutta la Nuova deputazione calabrese un accorato appello con il quale esorta i neoeletti a un impegno urgente, coordinato e unanime inteso a dare risposta ai gravi e mai risolti problemi della Calabria. È un appello che sembra disegnare un programma politico, il cui obiettivo fondamentale è il riscatto dall’abbandono in cui la Calabria è da sempre tenuta; un riscatto che è essenziale per superare lo squilibrio economico e sociale che caratterizza il Sud rispetto all’Italia del nord. Le tappe di questo programma prospettano la soluzione dei gravissimi problemi in atto legati alla viabilità e alle ferrovie complementari, alle scuole e all’analfabetismo, ai porti, all’emigrazione e ai suoi effetti economici e sociali sull’agricoltura e sul rincaro dei prezzi dei beni più necessari. La risoluzione immediata di questi problemi, che stringono la Calabria nella morsa del sottosviluppo economico e sociale, «do­vrà suonare – prosegue il giornale – come riparazione di tutto un passato di obblio, nel quale i governi che si sono succeduti, ci hanno lasciato e che dovrà riguardare specialmente le strade, i porti, le scuole. L’Italia settentrionale è cosparsa di una fitta rete ferroviaria che serve bene a sviluppare i traffici ed a facilitare le industrie. L’Italia meridionale invece non ha che po­che linee, le quali mancano di quei collegamenti così necessari quali le ferrovie complementari. Ed è per questo che non abbia­mo commercio, è per questo che le industrie sono in decadenza e l’agricoltura languisce». 

L’attività parlamentare

Giovanni Alessio onora il suo mandato, durato poco più di cinque anni, con una presenza assidua ai lavori parlamentari della XXII e XXIII legislatura. In questa sede, ci limiteremo a soffermarci brevemente sugli aspetti più significativi dell’attività svolta alla Camera dei deputati. Nel corso del suo mandato, Giovanni Alessio svolge un lavoro parlamentare piuttosto intenso. È relatore di disegni di legge e di molte e importanti leggi di conversione di Regi decreti, come meglio vedremo più avanti. In Assemblea prende spesso la parola per proporre ascoltati emendamenti e modifiche a provvedimenti di legge in corso d’esame. Il suo parere e il suo contributo sono tenuti in grande considerazione nelle numerose commissioni di cui fa parte e delle quali di solito è il relatore.  In Aula presenta interpellanze e interrogazioni dirette a dare soluzione a necessità e problemi specifici della Calabria e, in particolare, della Piana. Tra questi, si collocano i numerosi interventi intesi a sollecitare i necessari provvedimenti riguardanti la ricostruzione del dopo terremoto del 28 dicembre 1908. Ne citiamo solo alcuni, attinenti i regolamenti per la ricostruzione delle case nei nuovi centri abitati, i provvedimenti sui piani regolatori delle aree colpite dal terremoto, il disegno di legge per la retrocessione dei beni devoluti allo Stato, il pagamento dei sussidi già deliberati dopo il terremoto del 1907 per le riparazioni delle chiese e delle case private, la bonifica di Rosarno e la regimazione del fiume Vacale che continua  a causare notevoli danni alle colture, all’economia e al territorio.

Di rilievo è l’intervento sulla scuola svolto nel corso della discussione sul bilancio della pubblica istruzione per il 1910. In quella circostanza, Alessio richiama l’attenzione dell’Assemblea parlamentare sui problemi legati alla lotta all’analfabetismo, alla mancanza di maestri e scuole di formazione degli insegnanti della primaria, alle caratteristiche professionali dei maestri e alle loro condizioni di disagio economico. Riservandosi di presentare sul tema una relazione di più ampio respiro nel momento in cui il progetto di riforma Daneo-Credaro andrà in discussione, sollecita il ministro competente a intervenire per trovare il modo di dotare l’istruzione primaria di maestri preparati, selezionati in base a pubblico concorso ed economicamente stimolati a intraprendere l’attività d’insegnamento. Perché, osserva Alessio, «noi non avremo mai l’istruzione primaria, se non troviamo modo di avere maestri, che siano messi in condizione economica da potersi dedicare all’insegnamento e da poter concorrere, per­ché nella loro concorrenza e nella capacità loro soltanto possiamo trovare il primo coef­ficiente per distruggere l’analfabetismo del nostro paese».

L’attenzione di Giovanni Alessio nei confronti della scuola e degli insegnanti della primaria è rintracciabile in diversi altri documenti parlamentari. Con un disegno di legge presentato alla Camera, chiede al Parlamento di riconoscere ai docenti, in forza di apposita legge, l’indennità di disagiata residenza, tenuto conto che le disastrose conseguenze del terremoto avevano determinato difficoltà di raggiungimento delle sedi d’insegnamento, oltre che rendere precari e spesso disagevoli gli edifici e i luoghi in cui si svolge l’attività didattica. Facendosi interprete delle difficoltà che quei luoghi di lavoro creano agli insegnanti, Alessio prefigura un indennizzo economico in misura uguale a quello allora corrisposto agli insegnanti delle scuole rurali.

Il disegno di legge, istruito e discusso in commissione, è portato all’esame della Camera il 10 giugno 1910 dal ministro della Pubblica Istruzione Edoardo Daneo, di concerto col ministro del Tesoro Antonio Salandra e controfirmato da capo del Governo Sidney Sonnino e dal Re Vittorio Emanuele III. Relatore è Giovanni Alessio. La Camera approva il provvedimento in seconda seduta lo stesso 10 giugno 1910 con 216 voti, su 238 presenti e 22 contrari. Ma la fase più importante e più intensa dell’attività parlamentare di Alessio è quella che lo impegna nelle tante commissioni come relatore degli interventi legislativi emanati immediatamente dopo il disastro sismico calabro-siculo del 1908. È questo il momento in cui egli mostra e impiega nell’interesse collettivo le sue notevoli doti di giurista e le sue elevate capacità di legislatore e di oratore.

Nella seduta della Camera del 29 giugno 1909, presieduta dal vicepresidente Andrea Costa, Alessio presenta le relazioni per la conversione in legge di sette disegni riguardanti diversi provvedimenti dell’immediato dopo terremoto.

Il 18 dicembre illustra il disegno di legge di «Proroga della facoltà accordata al Governo de Re dall’articolo 14 della legge n. 12 del 12 gennaio 1909, concernenti provvedimenti in seguito al terremoto del 28 dicembre 1908», presentato dal presidente del Consiglio Sidney Sonnino di concerto con tutti gli altri ministri. È un provvedimento della massima urgenza, approvato nella seduta 21 dicembre 1909, che Alessio presenta così:

«Onorevoli Colleghi, con l’articolo 14 della legge 12 gennaio scorso, n.12, fu data facoltà al Governo del Re di adottare con decreti reali, da presentarsi al Parlamento per la conversione in legge, provvedimenti eccezionali, non preveduti dalla legge medesima, qualora se ne manifestasse l’urgenza anche nell’interesse della proprietà, dell’industria e del commercio, nei comuni danneggiati dal terremoto del 28 dicembre 1908.

Sebbene molti provvedimenti siano stati già attuati, non è da escludersi che altri ancora possano occorrerne, quando si consideri che il terremoto ha distrutto, nei paesi che ne sono stati colpiti, qualsiasi organizzazione, sconvolgendo tutti i pubblici e servizi e profondamente perturbato le condizioni della vita sociale. E poiché il termine, stabilito con la presente legge, è per scadere, si appalesa evidente la necessità di prorogarlo. A ciò provvede il seguente disegno di legge, che ho l’onore di presentare ai vostri suffragi».

Il 23 febbraio 1910, poi, svolge in Aula la relazione per la conversione in legge «del regio decreto 18 novembre 1909, n. 738, che istituisce una commissione per l’accertamento dei danni avvenuti in seguito al terremoto del 28 dicembre 1908 e per la loro liquidazione». E l’11 maggio 1910, su designazione dell’apposita commissione, presenta «la relazione su 24 disegni di legge per conversione in legge di 69 regi decreti emanati in seguito al terremoto del 28 dicembre 1908».

Ci fermiamo qui, tralasciando, almeno in questa sede, di richiamare i tanti altri provvedimenti di legge dei quali Alessio è relatore e di cui conservano memoria documentale l’Archivio Storico e la Biblioteca della Camera dei deputati. Prima di concludere queste note sull’attività parlamentare del Nostro, non è secondario ricordare  che Alessio non fa mancare il proprio sostegno a una riforma di grande interesse sociale come la nazionalizzazione delle assicurazioni, che si esprime a favore del suffragio universale maschile, la legge forse più importante del riformismo liberal democratico giolittiano assieme a quella sul monopolio statale delle assicurazioni sulla vita, ma si dice contrario alla proposta di estendere il suffragio alle donne presentata dal calabrese Mirabelli deputato di Ravenna; che si schiera per l’invasione della Libia del settembre 1911, intrapresa dal governo Giolitti.

Giovanni Alessio e la ferrovia complementare della Piana

Gli anni del secondo mandato di Giovanni Alessio sono contrassegnati dalle vicende legate al grave problema delle vie di comunicazione che affligge la piana di Palmi. In quel problema s’iscrive, in particolare, l’annosa e controversa questione della ferrovia complementare Gioia, piana di Palmi, Gioiosa Jonica. Rispetto alla lotta in atto pro ferrovia, Giovanni Alessio è chiamato ad assumere comportamenti politici rispondenti alle necessità di sviluppo sociale, di avanzamento civile e di miglioramento economico rivendicate non solo dai comuni del suo Collegio, ma da tutti i paesi della piana di Palmi. La ferrovia è prevista da apposite leggi già dal 1886. Costantemente rivendicata ma ancora non realizzata a causa delle colpevoli omissioni e dei voluti ritardi dei Governi, è considerata, a ragione, infrastruttura indispensabile per sopperire all’assoluta mancanza di una rete di strade in grado di collegare tra loro i paesi del Circondario e questi con Gioia Tauro: la Città «in cui si concentrano gli interessi e i rapporti di centotrentamila e più persone, quante sono nel Circondario di Palmi, ma anche delle nostre provincie».

La legge Pro Calabria del 25 giugno 1906 confermava la costruzione della ferrovia complementare Gioia-Gioiosa attraverso la piana di Palmi, senza alcun riferimento a un preciso tracciato planimetrico. Tuttavia, nella locuzione Piana di Palmi è stata da sempre identificata la dorsale ferroviaria Gioia–RizziconiIatrinoli–Radicena–Polistena-Gioiosa e sue diramazioni per Palmi e i paesi della Costa, a monte della Piana, e per Rosarno. Nel mese di maggio 1910 il ministro dei Lavori Pubblici, Ettore Sacchi, presenta un disegno di legge comprendente la concessione all’industria privata anche della linea Gioiosa–Piana di Palmi-Gioia Tauro.

Il 4 luglio 1910 si discute alla Camera il disegno di legge Sacchi. A quell’assemblea parlamentare, decisiva per la definizione del tracciato ferroviario, Alessio non partecipa: preferisce essere a Cittanova per sostenere con la sua presenza Domenico Cavaliere, esponente di punta del partito dei bianchi, impegnato in un’infuocata battaglia elettorale per il Consiglio provinciale contro l’uscente Pasquale Palermo. In quella circostanza Giuseppe De Nava, appoggiato da Ferdinando Nunziante, mette in atto un vero e proprio colpo di mano alle spalle di Alessio e dell’intero collegio di Cittanova. Sostenendo che «questa ferrovia non fu mai progettata come una semplice congiunzione tra la costa Tirrena e la Jonica, ma come una ferrovia d’interesse locale che dovesse servire i popolosi paesi del Circondario di Palmi», riesce a fare approvare un tracciato passante per i territori dei Collegi di Palmi e Bagnara a monte della Piana e senza diramazioni, contrariamente a quanto le leggi in vigore prevedevano e a dispetto di ogni evidenza geografica. Oltretutto, con quel gioco parlamentare, De Nava e Nunziante, pur di favorire prioritariamente i propri Collegi, smentiscono le decisioni assunte nella solenne riunione dei sindaci del Circondario, svoltasi a Palmi il 24 aprile 1910 e presieduta dallo stesso De Nava. Decisioni solenni, si desse, che prevedevano la rivendicazione presso il Governo non solo della ferrovia della Piana ma anche la contemporanea concessione delle sue diramazioni per Palmi e Rosarno[i]. Il nuovo tracciato voluto principalmente da De Nava attraversa la Costa a Monte della Piana. Partendo da Gioia congiunge Palmi, Seminara, Melicucco, Tresilico e infine a Iatrinoli, Radicena e Polistena fino a Gioiosa. A darne pubblicamente l’annuncio è una corrispondenza da Oppido apparsa sul “Mattino” del 21-22 novembre 1910.

In seguito alla notizia riportata dal giornale di Napoli, nel collegio di Cittanova si grida allo scippo della ferrovia Gioia-Piana di Palmi-Gioiosa in favore di un tronco ferroviario che nessuna legge ha mai autorizzato. I sindaci di Iatrinoli e di Radicena, seguiti da molti altri sindaci del Collegio, proclamano lo stato di agitazione. La protesta investe Giovanni Alessio che non ha voluto con la sua assenza del 4 luglio far sentire in Parlamento la sua voce in difesa della ferrovia della Piana, contro le manipolazioni legislative e geografiche operate da De Nava e Nunziante. Gli elettori e il popolo del collegio di Cittanova lo accusano di aver tradito il mandato elettorale, per essersi lasciato ingenuamente turlupinare dagli abili rappresentanti dei collegi vicini di Palmi e di Bagnara e per aver permesso che si apportasse una modificazione al tracciato segnato dalla legge del 1906, con gravissimo pregiudizio degli interessi vitali del collegio di Cittanova. Manifestazioni di dissenso ai limiti della sommossa popolare e pubblici comizi si susseguono a Radicena e Iatrinoli per tutto il mese di dicembre 1910. Megafono mediatico della protesta è il periodico di Radicena “Il Domani.

Il comitato pro ferrovia, dopo «imponente comizio», indirizza all’onorevole Alessio il seguente telegramma: «Popolo Radicena e Iatrinoli riunite imponente comizio, stigmatizzando opera vostra deleteria, dichiara voi decaduto mandato parlamentare. Rassegnate perciò vostre dimissioni secondo le buone regole di correttezza costituzionale, affinché questo sventurato Collegio possa eleggere degno ed attivo rappresentante». La forte pressione dei movimenti di piazza induce anche il sindaco di Iatrinoli, Scipione Contestabile, a reclamare a mezzo telegramma le dimissioni di Alessio, considerando che «imponente dimostrazione organizzata Radicena e diretta Jatrinoli al grido imprecante contro la ingiustizia per la quale si vorrebbe sopprimere il tronco ferroviario Gioia–Rizziconi–Jatrinoli con sacrificio inaudito per quanto infame di queste popolazioni minaccia ulteriori disordini oltre quelli già commessi, e dichiarando lei responsabile d’iniquo attentato, domanda sue dimissioni. Per la sua dignità e per la pace di queste popolazioni io la consiglio di interrogare nuovamente il responso delle urne». Dai toni non dissimili è il telegramma che indirizza a Giovanni Alessio Francesco Terranova, sindaco di Radicena.

In seguito alla richiesta di dimissioni pubblicamente reclamate, il settimanale di Radicena in un editoriale a firma di Carlo Curatola scrive: «Il Collegio di Cittanova è oggi, moralmente, senza deputato. Esso dopo ben tre anni di Giogo ministeriale, si è definitivamente sciolto dal guinzaglio poliziesco che lo teneva avvinghiato all’on. Alessio e alle di lui passioni politiche».

La protesta rientra nel mese di gennaio 1911, dopo che il Governo assicura, tramite l’onorevole Alessio, che la «Società assuntrice ferrovie Calabro-Lucane non solo assumerà l’obbligo di costruzione del tronco… Radicena-Rizziconi-Gioia, ma presenterà domanda anteriormente ad ogni altra concessione».

Nel diffondere la notizia, il periodico di Radicena scrive: «L’agitazione ferroviaria è finita con il pieno e completo esaurimento della nostra popolazione. Fu un necessario sforzo tenace, un atteggiamento deciso di fronte all’alienazione altrui, perché il tronco ferroviario diretto Gioia – Radicena previsto da due leggi, non si tramutasse in una inutile, per non dire dannosa opera». Con il movimento di protesta sembra rientrare anche la richiesta di dimissioni invocata da più parti. Ma quanto è accaduto è destinato ad avere forti ripercussioni sull’assetto istituzionale e politico del collegio di Cittanova e sulle future fortune elettorali di Giovanni Alessio. (fine)

Articolo pubblicato sulla rivista trimestrale di cultura e turismo “Calabria sconosciuta” (gennaio – giugno 2017)